IL MATRIMONIO

Il matrimonio è il patto matrimoniale naturale tra un uomo e una donna che intendono stabilire tra loro la comunione di tutta la vita, e che per sua natura è ordinato al bene dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole. Questo stesso patto matrimoniale «… tra i battezzati è stato elevato da Cristo Signore alla dignità di sacramento». (CCC 1601)

L’impegno che i nubendi assumono reciprocamente, nei confronti dei figli futuri e nei confronti della comunità cristiana, richiede una opportuna catechesi prematrimoniale, condotta da catechisti maturi nella fede e nella vita cristiana e familiare, e che aiuti i nubendi a sviluppare il senso del sacramento, insieme al senso di responsabilità e disposizione al dono che deve caratterizzare la vita di coppia e quindi la vita familiare.
Si preferisca una preparazione al sacramento del
matrimonio nelle singole parrocchie per favorire
l’inserimento nella comunità delle coppie che si
preparano al matrimonio. Se ciò non fosse possibile si
organizzi la preparazione a livello interparrocchiale o
foraniale.
La partecipazione ai corsi o itinerari di preparazione al matrimonio deve essere considerata come moralmente obbligatoria. Sarà, quindi, necessario non dispensare
facilmente da tale partecipazione, ma presentarla come un dovere di coscienza di ciascun fidanzato. Nello stesso tempo occorrerà essere attenti a quanti per motivi
oggettivi (come nel caso degli immigrati, dei pendolari, di chi ha turni di lavoro non programmabili secondo il calendario dei corsi e degli itinerari) non potessero
partecipare, e prevedere per loro forme diverse di accompagnamento e di confronto. Nei riguardi di coloro che, invece, intendessero tralasciare questo cammino
senza motivi oggettivi, è necessario un supplemento di attenzione e di dialogo per aiutarli a cogliere la superficialità e la immaturità del loro atteggiamento e della loro scelta (cf. DPF n. 63).
Gli incontri di preparazione al matrimonio non si riducano a un ciclo di lezioni o di conferenze, ma siano momenti di evangelizzazione e di catechesi e partano dalla realtà umana vissuta dai fidanzati, illuminandola e interpretandola con l’annuncio del Vangelo. Gli itinerari siano condotti con serietà di impostazione, di contenuto e di metodo; da parte dei presbiteri e delle coppie animatrici si creino le condizioni e un clima favorevole e si diffonda la testimonianza di quanti hanno già fatto questa esperienza.
“Circa i tempi della preparazione immediata, normalmente
essa deve iniziare almeno tre mesi prima delle nozze. È
auspicabile che i fidanzati siano invitati a presentarsi al
parroco almeno un anno prima della data prevista per le
nozze. In questo modo risulterà certamente più agevole sia
individuare e proporre il cammino comunitario di
preparazione più adatto per ogni coppia di fidanzati, sia
collocare nei momenti più adeguati i pur necessari colloqui
con il parroco” (cf. DPF n. 61).
Quanto al numero degli incontri di preparazione e alla
durata dell’intero itinerario, essi coprano un tempo
prolungato, comunque non siano meno di dodici.
II parroco interessato conduca l’istruttoria matrimoniale
secondo le prescrizioni canoniche. Particolare cura sia
riservata all’esame dei nubendi, il quale, di norma,
suppone la conclusione dell’itinerario o corso per i
fidanzati.
Il processetto matrimoniale deve essere istruito dal
parroco o da un altro sacerdote della parrocchia (con
colloquio separato tra i nubendi), mai da laici,
trattandosi non di un atto puramente burocratico, ma di 

un atto proprio del ministero, occasione di incontro, di
dialogo e di comunione pastorale.
Accanto agli itinerari comunitari, restano sempre
necessari e insostituibili i colloqui con il proprio parroco.
Essi rappresentano un momento importante e
privilegiato di personalizzazione del dialogo con la
coppia, sia per l’impostazione del cammino da compiere,
il suo accompagnamento e la sua verifica, sia per una più
puntuale catechesi della celebrazione del Matrimonio,
sia per affrontare specifici casi di coscienza o problemi
giuridici. In questi incontri si avrà cura di preparare
insieme al parroco la celebrazione del Matrimonio e di
accostarsi per tempo al Sacramento della Penitenza. Il
colloquio con il parroco deve essere sempre ispirato al
criterio della carità pastorale, nella quale si coniughino
adeguatamente attenzione alle persone e rispetto delle
norme canoniche e civili (cf. DPF n. 64).
I pastori si impegnino ad annunciare, alla luce della fede,
il significato evangelico del vicendevole amore dei futuri
sposi. Anche l’informazione sui requisiti giuridici,
riguardanti la celebrazione valida e lecita del Matrimonio,
può essere utile a promuovere tra i fidanzati una fede viva
e un amore fecondo per costituire una famiglia cristiana.

Si curi che la celebrazione del Sacramento risulti
veramente occasione di evangelizzazione. Già durante le
fasi finali della preparazione al Matrimonio si
introducano i nubendi alla liturgia del Matrimonio; si
invitino i fidanzati a leggere le pagine scritturistiche
proposte dal Lezionario e li si aiuti nello scegliere le
letture più consone alla loro situazione spirituale.
Si compia ogni sforzo perché, senza rinunciare alla gioia
e alla festa che devono connotare questi momenti, sia
garantito un clima di raccoglimento e di partecipazione.
Per la celebrazione del Matrimonio ci si attiene al nuovo
Rituale e al nuovo Lezionario. Si fa divieto di proporre in
diocesi il rito dell’incoronazione e della velazione. Essi
non appartengono alla tradizione e quindi, pur significativi, non possono essere opportunamente
compresi (cf. RM nn. 78; 84). È obbligatoria invece la
memoria del battesimo che sostituisce l’atto penitenziale
e la benedizione sugli sposi.
È proibito celebrare il Matrimonio di domenica. La forma
normale ed ordinaria per la celebrazione delle nozze
avviene durante la Messa, per l’intimo legame che esiste
tra l’Eucaristia e il Matrimonio. Tuttavia, quando la scelta
cristiana dei nubendi appare ancora incerta, o quando uno
dei nubendi non è disposto ad accostarsi alla Comunione,
si celebra il Rito del Matrimonio nella Liturgia della
Parola. Se il matrimonio è celebrato tra un cattolico e un
battezzato non cattolico, o tra un cattolico e un non
battezzato, si deve scegliere il rito della celebrazione del
Matrimonio nella Liturgia della Parola (cf. RM n. 29).
Quando la celebrazione del Matrimonio avviene nella
Messa, colui che presiede riceve il consenso e benedice
gli sposi. Questo non è consentito ad altro sacerdote
presente al sacro rito. Il diacono presiede solo il rito
celebrato con la Liturgia della Parola.
Gli sposi non proclamino la Parola di Dio, in quanto sono
proprio loro i primi destinatari della Parola proclamata
durante la celebrazione del matrimonio.
Durante la Preghiera eucaristica gli sposi restano al loro
posto; non è consentito che siano all’altare con il sacerdote
né che si autocomunichino o che si comunichino
scambievolmente.
Prima dei riti di conclusione si leggono gli articoli del
Codice Civile e, dopo la celebrazione, si dà lettura
dell’Atto di matrimonio. Quindi gli sposi, i testimoni e il
sacerdote o il diacono lo sottoscrivono: le firme possono
essere apposte sia davanti al popolo, predisponendo un
piccolo tavolo, sia in sacrestia; mai però sull’altare (cf.
RM n. 94).
Si inviteranno i nubendi, specie le spose, nel giorno delle
nozze ad un abbigliamento decoroso e sobrio. Tale invito
va esteso anche agli invitati.
“La celebrazione delle nozze è giustamente anche un
momento di festa, un incontro di famiglia e di amici. Ma la festa non è il lusso e non si identifica con lo spreco. In
ogni caso, se vuole essere cristiana, non può mai
diventare offensiva e umiliante per i poveri, né può
essere scambiata in cerimonia folcloristica o
trasformata in uno spettacolo profano. Gli sposi siano,
perciò, aiutati a valutare e scegliere responsabilmente il
modo per esprimere la loro gioia e insieme per limitare
ciò che è solo esteriore e per rifiutare ciò che è spreco.
Siano invitati a fare delle loro nozze anche un’occasione
di carità verso i più bisognosi, mediante gesti di
attenzione e di condivisione per i fratelli più poveri, per
qualche infermo o malato, per chi è più abbandonato”
(cf. DPF n. 78).
II parroco abbia cura di notificare l’avvenuta
celebrazione del matrimonio alla parrocchia di
battesimo degli sposi.
La celebrazione del matrimonio avvenga normalmente
nella chiesa parrocchiale di uno dei nubendi. Gli sposi
possono scegliere la parrocchia della sposa o quella dello
sposo o quella di elezione o quella in cui fisseranno la loro
residenza. I parroci esortino i nubendi a non celebrare il
matrimonio in chiese diverse da quelle indicate.
È espressamente proibita la celebrazione del matrimonio
negli Oratori, nelle Cappelle private, gentilizie e nei locali
degli alberghi, dei ristoranti e nei giardini. 

Nell’apparato esteriore non si faccia nessuna distinzione
di persone private e di condizione sociale: il Rito sia
dignitoso, ci si adoperi perché maggiormente appaia il
carattere comunitario della celebrazione e sia affermata
la medesima dignità di tutti i fedeli.
Circa l’addobbo floreale è consentito l’addobbo dell’altare
e del presbiterio, e della postazione ove gli sposi si
stabiliscono per la celebrazione. È consentito l’uso degli
inginocchiatoi per i nubendi, delle sedute per gli stessi e i
testimoni accanto a loro; del tappeto guida dal luogo in

cui sono sistemati i nubendi fino al sagrato della chiesa.
Ove è possibile, gli inginocchiatoi siano collocati fuori dal
presbiterio in prossimità dell’assemblea liturgica. È
sempre proibito addobbare con elementi scenografici che
non richiamino la celebrazione e il senso del sacramento.
Per l’addobbo, gli sposi possono trattare direttamente con
un addobbatore di loro scelta attenendosi tassativamente
alle indicazioni di cui sopra. Il parroco vigili perché
l’addobbo resti nei limiti della sobrietà e del decoro.

Le musiche e i canti siano di aiuto a vivere il mistero che
viene celebrato e favoriscano la preghiera e la
partecipazione di tutti. Non siano occasione di
distrazione o di esibizionismo per singole persone.
I brani musicali siano scelti dal vasto repertorio della
musica sacra e concordati con il parroco e l’organista. Il
suono e il canto devono aver luogo soltanto nei momenti
consentiti dalla celebrazione. Sono ammessi i canti della
comunità orante ispirati al mistero celebrato. La musica
riprodotta, non essendo espressione viva della comunità
orante, non può essere ammessa. Si evitino di introdurre
nella celebrazione elementi di carattere profano.
Pertanto musiche o canti non composte per la
celebrazione liturgica, se proprio sono richieste, siano
collocate solo dopo i riti di conclusione. Per il resto ci si
attenga al Repertorio nazionale: Canti per la Liturgia.
Durante la Preghiera eucaristica non si sovrapponga il
canto o la musica.
Per le riprese fotografiche e cinematografiche, il parroco
stabilisca le opportune intese con gli operatori e i
nubendi definendo i luoghi e i momenti delle riprese.
Tutto si faccia in modo da non intralciare la celebrazione
e non distrarre i nubendi. Maggiori indicazioni si trovano
nell’Appendice dedicata.

Nella consapevolezza che questo è un aspetto delicato,
che suscita spesso scandalo tra i fedeli, si faccia in modo
che non si leghi l’offerta alla celebrazione dei sacramenti
e, nello stesso tempo, si educhi la comunità al sostegno
economico della parrocchia. Al fine di dare un
orientamento in tale materia, si stabilisce che, per la
celebrazione del Matrimonio, ci si attenga alle
indicazioni fornite dalla cancelleria, circa le somme
dovute per la celebrazione della messa marimoniale. Nel
caso che la celebrazione avvenga in una parrocchia
diversa da quella degli sposi, il parroco che ha curato
l’istruttoria e concede la licenza, potrà richiedere
un’offerta libera, ricordando ai nubendi che la parrocchia
vive della generosità dei fedeli. Si evitino, tuttavia,
richieste esose e fuori dal buon senso comune.
I parroci o rettori non assumano l’incarico di trattare con
i fiorai, gli addobbatori e i musicisti ma lascino tale
incombenza agli interessati e vigilino perché si resti nei
limiti della sobrietà e del decoro.
Per il matrimonio tra una persona cattolica e una persona
battezzata non cattolica (Matrimonio detto “misto” o
“interconfessionale”) e per il Matrimonio tra una persona
cattolica e una persona non battezzata (Matrimonio
detto “interreligioso”) si seguano le indicazioni contenute
in Appendice dedicata. Nel caso dei matrimoni tra
cattolici e appartenenti a religioni non cristiane, “è
doveroso richiamare i nubendi cattolici sulle difficoltà
cui potrebbero andare incontro in ordine all’espressione
della loro fede, al rispetto delle reciproche convinzioni,
all’educazione dei figli”. (cf DPF n. 89).

“Grande attenzione sia riservata ai cosiddetti «battezzati non credenti», cioè a coloro che, pur chiedendo il matrimonio canonico, dimostrano di non essere pienamente disposti a celebrarlo con fede, o perché vi accedono per motivi che non sono propriamente di fede o perché si tratta di nubendi che dichiarino esplicitamente di non credere o che si trovano in uno stato di notorio abbandono della fede. Il parroco aiuti questi nubendi a riflettere sul significato della loro scelta e accerti, in ogni caso, che siano sinceramente disposti ad accettare la natura, i fini e le proprietà essenziali del matrimonio cristiano. Quando tutti i tentativi per ottenere un segno di fede, sia pure germinale, risultassero vani e i nubendi mostrassero di rifiutare in modo esplicito e formale ciò che la chiesa intende compiere quando celebra il matrimonio dei battezzati, la doverosa decisione di non ammettere al sacramento costituisce un gesto di rispetto di chi si dichiara non credente e un gesto di attesa e di speranza” (cf. DPF nn. 84-87).

pag 30-37

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